Giusta e sacrosanta la protesta, sbagliato il metodo. Per Coldiretti l’esasperazione del giovane agricoltore lunigianese che per protesta ha scaricato un carro di letame di fronte al Municipio di Aulla è un’azione sbagliata, nei metodi, ma giusta nella sostanza.

La vicenda chiama in causa il Consorzio di Bonifica e la gestione dell’impianto irriguo che dovrebbe garantire acqua ai terreni dove si produce il celebre fagiolo di Bigliolo, una delle eccellenze leguminose del grande patrimonio enogastronomico della Lunigiana. L’acquedotto al centro della denuncia è indispensabile per le aziende agricole di Posara, Moncigoli, Soliera, Bigliolo ed Aulla. La poca manutenzione dell’acquedotto ha provocato, in più occasioni, lo scoppio delle tubature, con il risultato che le colture non ricevono l’acqua necessaria.

“Il gesto – spiega Coldiretti – è sicuramente da censurare ma va anche compresa l’esasperazione di quegli agricoltori che non vengono ascoltati, se non addirittura ignorati. In questo particolare caso siamo di fronte ad una problematica nota, storica si potrebbe dire, che nonostante richieste e solleciti non è ancora stata risolta o alleviata con il risultato che chi deve campare di agricoltura non è messo nelle condizioni di farlo anche a causa di rimpalli di responsabilità e competenze”. Coldiretti chiama in causa il Consorzio di Bonifica: “a tutti piace parlare del ruolo degli agricoltori custodi del territorio, architetti del paesaggio e protettori dell’ambiente  – spiega Coldiretti – ma poi nel concreto sono molto spesso dimenticati. La mancanza di una significativa rappresentanza all’interno del Consorzio di Bonifica produce effetti come questo, dove la reazione dei singoli agricoltori, sicuramente sproporzionata, porta anche a gesti eclatanti pur di richiamare l’attenzione di chi non vede o non vuol vedere”.

A fianco al tema dell’acqua c’è quello dei cinghiali e degli ungulati. Un altro problema irrisolto: “La presenza incontrollata dei cinghiali, il mancato controllo, la scarsa considerazione dei danni e il misero indennizzo calcolato, ma non sempre ricevuto da parte degli agricoltori, porta sicuramente ad un risentimento crescente. – spiega ancora Coldiretti – Si tutela chi caccia, il cacciatore, ma mai l’agricoltore costretto a subire danni o a cessare nel tempo le proprie coltivazioni. La nostra organizzazione – prosegue Coldiretti – ha messo in campo numerose richieste di modifica della legge e delle norme attuali affinché venisse maggiormente tutelato il settore agricolo, ma ad oggi alcuni vincoli burocratici ne hanno fermato l’iter di approvazione. E’ stato fermamente richiesto, nel caso di danni continui e comprovati alle coltivazioni, un intervento di contenimento rapido (entro le 36 ore) ma ci sono casi nei quali l’intervento di contenimento viene attuato anche dopo 15 giorni durante i quali gli ungulati hanno potuto distruggere l’intera coltivazione. A farne le spese sono sempre gli agricoltori”.