“Non sarebbe giusto che chi ha inquinato non paghi e invece chi ha subito l’inquinamento debba pagare dopo i danni ambientali e di salute anche eventuali ripercussioni economiche”, così il presidente degli industriali di Massa Carrara, Erich Lucchetti, prende posizione sull’inquinamento nell’area industriale apuana e sulle conseguenti ordinanze sindacali di ieri e aggiunge:

Per questo chiediamo che chi ha inquinato si assuma i costi delle bonifiche e che le ordinanze dei sindaci sul divieto di utilizzo dell’acqua dei pozzi non tocchino il loro uso industriale o che prevedano costi agli stessi valori attuali per l’eventuale utilizzo a fini industriali dell’acqua dell’acquedotto gestito da Gaia. Altrimenti chi ha investito in zona industriale, creando aziende e posti di lavoro, sarebbe costretto a pagare per responsabilità altrui con ovvie ripercussioni sia sugli investimenti che sui livelli occupazionali”.

“Non sarebbe accettabile – spiega Lucchetti – che dopo anni di inquinamento e dopo l’abbandono di un territorio con alle spalle veleni e disoccupazione qualcuno ora pensi che il conto debba essere fatto pagare direttamente o indirettamente alle nostre aziende locali e ai cittadini di Massa e di Carrara. Perché è ovvio che se le nostre aziende non potranno più usare l’acqua dei pozzi e dovranno rivolgersi a Gaia di certo non lo potranno fare sopportando costi elevati altrimenti si tratterebbe di una ingiusta penalizzazione. Perché non va dimenticato che le aziende si sono insediate in quelle aree sulla base di certificati di bonifica firmati proprio da Arpat che le garantivano. Certificati poi ritenuti non più validi cosicché le imprese si sono dovute assumere cospicui costi aggiuntivi per la caratterizzazione dei terreni al fine di poter costruire le proprie strutture produttive e creare posti di lavoro” .

Insomma i danni ambientali e economici sono già stati enormi per tutti i cittadini  e le imprese sia in termini di salute che occupazionali, a questi –  continua Lucchetti – non si deve aggiungere la beffa di danneggiare chi in quell’area ha investito e creato occupazione dopo anni e anni di colpevole abbandono”.

Quello che c’è nelle falde – aggiunge Lucchetti – è stato scaricato dalle aziende chimiche fino agli anni ’80, perché le sostanze trovate oggi sono figlie delle lavorazioni chimiche di 40 anni fa”.

Conclude Lucchetti: “Di quell’inquinamento le nostre aziende ne sono quindi vittime. Essere  di nuovo punite con un aumento dei costi relativi all’uso dell’acqua sarebbe quindi non solo una palese ingiustizia, ma anche un modo per ostacolarne l’attività con gravi conseguenze per investimenti e occupazione” .