Confindustria Livorno – Massa Carrara ha atteso che fossero pubblicate tutte le sentenze, compresa quella relativa alle cave della Cooperativa Canalgrande, nonché l’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale, prima di prendere una posizione ufficiale, dal momento che sin dalle prime sentenze emergeva una valutazione complessa ad opera del TAR, con accoglimento di alcune delle censure avanzate da parte dei ricorrenti, ed appariva quindi opportuno attendere l’esito di tutti i giudizi per conoscere il complessivo pensiero dell’organo giurisdizionale e assumere una conseguente posizione.

Le controversie nascono dal regime sanzionatorio applicato successivamente al luglio 2018.

Rispetto a tale regime nei ricorsi si è osservato che:

Il limite generalizzato di 1000 mc oltre il quale scatta la decadenza dall’autorizzazione e dalla concessione, senza oggi possibilità di sanatoria, era irragionevole e provocava conseguenze sproporzionate. Conseguentemente veniva chiesto al TAR che fosse sollevata questione di costituzionalità per violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza.

Il regime transitorio, interpretato illegittimamente dagli enti pubblici come possibilità di sanatoria previa sospensione totale dell’autorizzazione, e quindi di ogni attività, causava conseguenze sproporzionate ed ingiustificate.

Il Comune di Carrara e la Regione hanno sostenuto che:

La questione di costituzionalità era inammissibile ed infondata, in quanto il limite di 1000 mc era del tutto adeguato

La sospensione totale dell’autorizzazione, con il fermo della cava, era corretta e costituiva un deterrente rispetto a deviazioni dal progetto e dalla relativa linea di disegno.

Il TAR Toscana ha ritenuto che:

La sospensione totale dell’autorizzazione adottata e difesa dal Comune con l’avallo della Regione è illegittima e contraria alla corretta interpretazione dello stesso art. 58 bis. Sotto questo profilo i provvedimenti di sospensione totale, con fermo di ogni attività, sono illegittimi, dovendo la sospensione essere limitata all’area dove si è realizzata la difformità.

Da ciò consegue che le aziende che hanno subito una sospensione totale possono richiedere il risarcimento del danno.

L’art. 23, comma 1, lettera a) della Legge Regionale Toscana 35/2015, che considera variante essenziale il superamento della volumetria di 1000 mc, con conseguente decadenza dall’autorizzazione e dalla concessione, è norma che appare incostituzionale, tenendo conto delle diverse estensioni delle cave e del fatto che le variazioni rispetto alla linea di progetto, che possono raggiungere i 1000 mc anche sommando variazioni diverse, avvengono spesso per ragioni di sicurezza o di buona tecnica di lavorazione. Conseguentemente dovrebbero essere stabilite tolleranze diverse.

Non potendo disapplicare la legge, il TAR ha sollevato la questione di costituzionalità indicata dalle società ricorrenti, che avevano subito un provvedimento di sospensione totale dell’attività, rimandando la relativa valutazione finale alla Corte Costituzionale.

Appare quindi evidente che l’apparato sanzionatorio attuale, difeso da Regione e Comune, è stato per buona parte smantellato dal TAR, che ha accolto su due punti decisivi le eccezioni sollevate dalle società ricorrenti.

È ben percepibile a chiunque la differenza tra una sospensione parziale limitata alla zona della variante, e la sospensione totale con cessazione di ogni attività adottata dal Comune con l’avallo della Regione.

Si tratta di situazioni non comparabili e la sospensione totale, aspramente contestata dalle aziende, costituiva un provvedimento potenzialmente letale e sproporzionato .

Confindustria accoglie favorevolmente la decisione, che impone di rivedere tutto il sistema sanzionatorio, calibrandolo in modo più ragionevole e proporzionale a seconda delle diverse realtà produttive.

Il TAR, viceversa, non ha condiviso l’interpretazione data prima dell’estate 2018 dallo stesso Comune di Carrara e difesa dal Sindaco nella lettera del 31/07/2018, Prot. 60331, indirizzata al Presidente della Regione Toscana, all’Assessore Ceccarelli e ad altri funzionari regionali, che consentiva varianti compensative in sanatoria.

Confindustria prende atto della decisione sul punto, che sarà valutata comunque in appello dal Consiglio di Stato, precisando che le varianti in sanatoria venivano concesse solo previa valutazione dell’insussistenza di alcun danno ambientale, paesaggistico e alla sicurezza e solo in presenza di variazioni all’interno dei complessi estrattivi autorizzati.

Alla luce dei complessi accertamenti da parte degli organismi preposti, che potevano concludersi con esito positivo come negativo, la sanatoria veniva concessa quando non si era verificato alcun pregiudizio ambientale e alla sicurezza e non certo in presenza di eventuali escavazioni irrazionali.

Dall’analisi complessiva del giudizio del TAR emerge comunque che le aziende si sono opposte correttamente ad un sistema sanzionatorio sproporzionato, che ha ingiustamente determinato la chiusura totale di alcune attività estrattive, a fronte di situazioni in cui le variazioni rispetto alle linee di disegno del progetto erano spesso collegate a ragioni di sicurezza e di tecnica di escavazione, ed il limite indifferenziato ed assoluto di 1000 mc, cui seguiva la decadenza, appariva irragionevole.

Il TAR ha pienamente condiviso questa valutazione, rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale.

Confindustria auspica l’avvio di un serio confronto per rivedere il sistema e renderlo più equilibrato e ragionevole.