Con riferimento alle recenti dichiarazioni alla stampa di Mons. Giovanni Santucci in merito al noto processo nei confronti suoi e di Gian Luca Morini, il Procuratore della Repubblica esprime allo stesso Mons. Santucci la più convinta solidarietà umana per le offese alla sua persona ed al suo ruolo, in larga misura ingiustificate, che ha subito in questi anni.

Con tutto ciò non può fare a meno dal rilevare:

– che la vicenda giudiziaria che lo ha riguardato è da sé sola, e senza necessità dell’intervento di chicchessia, di rilevante interesse per l’opinione pubblica e per sua natura portata ad essere enfatizzata, tanto da avere assunto clamore mass-mediatico, persino a livello di servizi su reti televisive nazionali, ben prima che la stessa divenisse oggetto di indagine giudiziaria;

– che motivo di primaria importanza al rilievo sempre maggiore assunto dalla vicenda va ravvisato prima ancora che nel procedimento penale, nella mancanza di provvedimenti da parte delle gerarchie della Chiesa nei confronti del Morini, non per nulla noto da sempre con il soprannome di don Euro; provvedimenti che avrebbero impedito che la prosecuzione delle condotte improprie del sacerdote, note da anni, assumesse dimensioni di sempre maggiore gravità e che le indagini ne evidenziassero l’immenso squallore;

– che sin dall’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini (posto che sulla vicenda quest’Ufficio non aveva mai dato prima notizia alcuna) il Procuratore si è fatto carico di informare l’opinione pubblica di quanto effettivamente emerso dalle indagini ed in particolare, quanto a Mons. Santucci, di evidenziare la marginalità del suo ruolo e di delimitarne l’implicazione nell’indagine entro ambiti circoscritti e del tutto secondari rispetto al coindagato Morini, così evitando (facili e suggestive) commistioni con quanto addebitato a quest’ultimo;

– come la cronologia dei fatti e le dichiarazioni di quest’Ufficio rendono evidente, che la Procura non ha mai dato in pasto a giornale alcuno e neppure a televisioni e social la persona ed il ruolo di Mons. Santucci, come da questi con approssimazione poco encomiabile dichiarato.

Prende atto dell’evidente disappunto di Mons. Santucci di essere implicato in una vicenda giudiziaria che lo ha coinvolto sul piano personale. Posto, tuttavia, l’obbligo in uno stato di diritto di procedere nei confronti di chiunque e di procedere a prescindere dalla qualifica personale o dalla pur encomiabile attività normalmente svolta, rappresentanti del clero anche ai più alti livelli compresi, osserva che quest’Ufficio non poteva esimersi dallo svolgere accertamenti ed adottare le determinazioni del caso anche nei confronti dello stesso Mons. Santucci, ben al di là della bizzarra, risibile opinione di averlo fatto “se non come compiacenza ad alimentare curiosità morbose“.

Non risponde al vero pertanto ed è frutto della poca lucidità del momento che questa “struttura”, al di là delle inevitabili implicazioni dovute al fatto oggettivo del coinvolgimento in una indagine giudiziaria, non abbia avuto a cuore, come sempre, la “persona” dell’indagato ed addirittura abbia contribuito “ad allestire una vera e propria macchina del fango”, come dichiarato con deprecabile superficialità da Mons. Santucci, dal momento che proprio l’accortezza sempre messa nell’informare l’opinione pubblica sulla marginalità del suo ruolo e sulla modestia del suo coinvolgimento nell’indagine ne costituisce la più evidente smentita.

Prende atto ancora, quanto al merito, delle proteste di innocenza di Mons. Santucci, che rispetta, e dell’ignoranza che viene addebitata a quest’Ufficio delle leggi canoniche e civili; proteste di innocenza ed accusa che però respinge con decisione, posto che:

– pure avendone avuto per legge, nella fase delle indagini, la facoltà, lo stesso Mons. Santucci ha (liberamente) ritenuto di non rendere dichiarazione alcuna sui fatti contestatigli e così di evidenziare eventuali errori nei quali quest’Ufficio fosse eventualmente incorso;

– valutati i risultati delle indagini, anche con l’intervento del suo difensore di fiducia, il Giudice dell’udienza preliminare ha disposto il rinvio a giudizio di Mons. Santucci in ordine a tutte e due le due imputazioni a lui mosse, a dimostrazione del corretto accertamento dei fatti e della fondatezza delle scelte di diritto fatte da quest’Ufficio;

– per il rilievo che certamente ha nei confronti di Mons. Santucci, il Tribunale per il riesame di Genova ha confermato il sequestro di 750.000 euro circa e dei diamanti operato a sua tempo nei confronti del Morini;

– all’udienza del 28 novembre c.a. 2018 il Tribunale non ha sentenziato l’assoluzione nel merito di Mons. Santucci, ma soltanto deliberato di non doversi procedere per mancanza di querela.

Non compete al Procuratore della Repubblica, da ultimo, esprimere giudizi sull’operato dei mass media né dire se ed eventualmente in quale misura abbiano infangato persona e ruolo di Mons. Santucci descrivendolo, “più o meno apertamente, come ladro e corruttore”. Certo è, tuttavia, che l’ipotetica denigrazione della sua persona è avvenuta ad opera di detti mass media e perciò che il “sentimento di delusione” manifestato da Mons. Santucci avrebbe dovuto essere rivolto a chi in buona o in mala fede, esagerando oppure no, l’aveva operata. Certamente non alla Procura, colpevole non di altro che di essersi attenuta alle regole di legge e di essersi adoperata per informare sul reale, limitato ruolo di Mons. Santucci; quella Procura nei cui confronti sarebbe stato perciò auspicabile quantomeno un prudente, saggio silenzio.

(aldo giubilaro)