Il caso nasce nel gennaio 2015 quando, nelle fasi propedeutiche all’approvazione del R.U, in commissione ambiente, approda la relazione tecnica, redatta a fine 2013 dal geologo Andrea Piccinini,  per l’aggiornamento del quadro conoscitivo geologico del Regolamento urbanistico.

dm12Elaborata per conto di palazzo civico sulla base di rilevazioni effettuate con volo aerofotogrammetrico utilizzando la tecnologia laser Lidar, detta relazione –  che è un atto tecnico di mera osservazione e descrizione morfologica dell’esistente – presenta un quadro del territorio comunale in cui si tracciano, disseminati un po’ ovunque ma soprattutto in zona pianeggiante a valle dell’autostrada, una settantina di siti cumuliformi di origine sconosciuta. Si tratta, in pratica, di accumuli antropici, probabilmente abusivi, di cui non si conosce il contenuto ed è questa non conoscenza che fa scattare la preoccupazione di cittadini e politici, qualcuno parla di inquinamento e addirittura si ventila l’ipotesi del danno ambientale

L’Amministrazione non si tira indietro, getta acqua sul fuoco e garantisce di mettere mano al problema, di verificare e controllare uno per uno  questi depositi e il loro contenuto, di accertare  eventuali responsabilità. Certo,  si tratta di una mole di lavoro enorme: per i circa 70 siti sospetti distribuiti su un’area di circa 30 chilometri quadrati infatti sono interessate oltre 350 particelle catastali, ognuna con quattro o cinque diversi proprietari per un totale di circa 1.500 titolarità di proprietà immobiliare da contattare e rintracciare per poi effettuare i sopralluoghi .

Il Comune decide allora  per la costituzione di un gruppo di lavoro interno intersettoriale coordinato dall’ingegner Roberto Grieco e di cui fa parte anche un agente del corpo di polizia municipale. Per il possesso di competenze specifiche in materia si trova la collaborazione della Capitaneria di porto e si stabilisce, a tavolino, una modalità d’intervento operativa conciliativa che si basa sulla ricerca della collaborazione  attiva col privato .

dm03Siamo intorno a giugno del 2015 quando ci si mette concretamente al  lavoro. E, da allora, di passi in avanti, ne sono fatti parecchi con oltre il 90% del lavoro ad oggi  concluso e un ridimensionando della casistica e dell’allarmismo iniziale. In circa un anno e mezzo sono state infatti  censite tutte le particelle catastali interessate, sono state inviate ai proprietari le lettere per ottenere le autorizzazioni o il permesso per entrare nelle proprietà ed effettuare  i sopralluoghi tecnici necessari alla presenza degli stessi proprietari. Se trovati privi di documentazione a questi spetta infatti  lo smaltimento dei materiali accumulati secondo normativa.

Sono di tre tipi le casistiche fino ad oggi riscontrate: il 5% dei siti controllati è risultato un falso positivo della metodologia Lidar. Cioè, in certi casi, rovi, arbusti ed erbacce erano talmente cresciute e infestanti da risultare all’occhio dello strumento un cumulo, piuttosto che materiale endogeno.

In altri casi invece la modifica dei terreni era volontaria e finalizzata al miglioramento del rendimento agricolo degli stessi.  Nella maggioranza dei casi , una trentina, i cumuli sono risultati discariche abusive di inerti e materiali edili  che spesso gli stessi proprietari dei terreni hanno subito per mano di ignoti ma che hanno poi convenuto e provveduto a smaltire secondo normativa. Nel 95% dei casi sottoposti ad indagine infatti i  proprietari hanno collaborato attivamente alla risoluzione del problema mostrando un elevato senso di responsabilità . Solo in un paio di casi, il deposito abusivo conteneva materiali composti da amianto che è stato rimosso e smaltito da ditte specializzate

Restano ancora da esaminare una decina di siti, alcuni di dimensione piuttosto estesa localizzati a nord del Frigido .  La stima dell’ingegner Grieco è di chiudere tutto il lavoro rimanente  entro febbraio 2017.