“Tela!”. Sul palcoscenico l’ordine è perentorio ed indica che lo spettacolo, la messa in scena è finita.

Il sipario è calato definitivamente su Lunatica, il festival di “musica, prosa e danza”, della Provincia di Massa-Carrara, lo avevamo chiamato così fin dall’inizio, quasi un vezzo. Festival itinerante, una novità assoluta quando nacque nel 1995, un filo rosso per unire e far scoprire i “luoghi”, anche meno conosciuti del nostro territorio, coniugando, come è giusto che sia, cultura e valorizzazione turistica.

Ma che cosa è stato LunaticaFestival non dobbiamo dirlo noi.

Da alcuni anni, un paio per l’esattezza, dicevamo nelle conferenze stampa di presentazione che poteva essere l’ultima edizione: ed è poi arrivata, quella del 2015, intitolata profeticamente non a caso “R-esistere”.

Era un’edizione di Resistenza in attesa che qualcosa potesse accadere: non è stato così. Alla fine, stavolta Godot è arrivato, e l’assurdo è stato proprio questo.

Nacque quasi come una scommessa nell’estate del 95, da una intuizione, che a posteriori possiamo definire felix, di Eleonora Paglini, allora dirigente alla cultura, condivisa e fatta propria da quella amministrazione (presidente era Franco Gussoni, assessore alla cultura Franco Peselli), sposata da tutte le amministrazioni che si sono susseguite, fino alle ultime nove edizioni, dal 2007, curate da Marina Babboni.

Un festival “strano” anche per il suo assetto organizzativo. Per molte edizioni e per molti aspetti è stato un festival organizzato, come si dice, in house. Dipendenti, pubblici dipendenti, che all’inizio si sono “improvvisati” in un ruolo “inusuale”: hanno dato molto al festival ed hanno ricevuto altrettanto, crescendo ed acquisendo nuove competenze.

Una persona che segue da anni il festival ha chiesto sulla pagina social del festival “ma perché?”.

Le cose accadono perché devono accadere, ma hanno un’origine. Questa si chiama “riforma delle province”: la legge Delrio del 2014 ne ha fatto enti di secondo livello, spogliandole di competenze, di risorse, in termini di personale. Per quelle economiche, è cronaca che abbiamo raccontato in questi ultimi due anni, ci hanno pensato le diverse manovre che definivano tagli ( un miliardo l’anno per le Province) quelli che in realtà erano prelievi forzosi dalle casse delle Province.

Ma come insegna la saggezza degli adagi: è inutile piangere sul latte versato.

 

 Giuliano Bianchi