A Stefano Miniati i dolori all’addome non danno tregua: lancinanti e continui. Tanto da spingerlo al pronto soccorso, a Carrara. Nello stesso ospedale in cui 4 mesi prima è stato operato all’intestino. E lì basta una radiografia per capire che durante l’intervento qualcosa non è andato per il verso giusto: una strumento chirurgico è stato dimenticato nell’addome. Gli rx “fotografano” una pinza lunga 18 centimetri. Per toglierla serve un’altra operazione. È quell’errore, sono quei due interventi a distanza di pochi mesi, secondo i legali di Miniati, a segnare l’inizio di un calvario. Calvario che, dal dicembre 2014, quando la radiografia immortale le pinze, termina martedì notte: il professionista, 57 anni, erede dello storico archivio fotografico, ricoverato all’ospedale pisano di Cisanello, muore.

Per la sua morte l’avvocato Leonardo Angiolini e con lui il collega Roberto Margara, che rappresenta la madre e una sorella di Miniati, presenta denuncia per omicidio colposo. E deposita l’atto alla procura apuana – la pinza è stata dimenticata durante un intervento al monoblocco di Carrara – e a Pisa perché è lì che è avvenuto il decesso.

 I legali chiedono alle due procure di fare luce su un’eventuale rapporto di consequenzialità tra la dimenticanza della pinza e il successivo aggravarsi della patologia e di verificare se si possano ravvisare, nelle strutture in cui Miniati è stato ricoverato, carenze di cure o eventuali errori. «La dimenticanza della pinza – l’avvocato Angiolini ripercorre la vicenda – ha costretto Miniati a sottoporsi ad un secondo intervento, a distanza ravvicinata dal primo e noi ipotizziamo abbia contribuito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute impedendogli anche, per un periodo, di sottoporsi a terapie».

Un errore che – stando alla ricostruzione dell’avvocato – avrebbe, appunto, contribuito ad indebolire lo stato di salute di Stefano Miniati determinato una serie di ricadute fino ad una terza operazione, a Cisanello e ad una quarta, resasi necessaria per una emorragia. Alle Procure gli avvocati chiedono di aprire un fascicolo e disporre a breve l’autopsia per accertare le cause della morte. Il corpo è, infatti, a disposizione dell’autorità giudiziaria che in giornata deciderà se autorizzare l’esame autoptico. Stefano Miniati aveva 57 anni e portava un nome noto in città: il nonno Giulio è l’autore di fotografie che sono pezzo di storia e identità dell’intera città. Ha la firma di Giulio Miniati lo scatto che immortala un piccolo di altri tempi che allunga la manina per avere una castagna dal “mundinaro”. L’archivio comprende 8.250 lastre fotografiche che rappresentano la vita di Massa tra il 1904 e il 1945. Un patrimonio che Stefano era impegnato a tutelare e a valorizzare, soprattutto dopo il riconoscimento dell’interesse storico da parte della soprintendenza.

il tirreno