I commercianti lo hanno detto e ridetto: rilanciare il centro storico significa riportare gente nel cuore della città. Riportarla la sera, certo, ma pure la mattina e il primo pomeriggio. E qui sta la sfida perché chi in centro arriva quando i negozi abbassano le serrande è cliente ben diverso da quello che, magari con i figli per mano, passeggia il pomeriggio o il mattino. Target ben diversi, quindi – semplicissima regola di mercato – offerte diversificate. E per diversificarla l’offerta è indispensabile affiancare al bar il negozio, al ristorante la vetrina. Insomma, chi di commercio vive chiede che le vie del centro storico non siano costellate soltanto da locali.
E a quella richiesta, l’amministrazione ha risposto. La risposta si chiama piano delle funzioni: documento tecnico, allegato al Regolamento urbanistico, darà una bella sforbiciata a pizzerie al taglio e gelaterie, ristoranti e trattorie, bar e locali. Non che imponga la chiusura a chi già ha aperto i battenti, ma certo impedirà, almeno dovrebbe, il fiorire di locali e localini. Scopo: evitare il centro storico “modello mangiatoia” e salvaguardare le attività commerciali che ci sono – e soffrono – e quelle che potrebbero sorgere.

Il piano – per spiegarne il contenuto – impone la conformità tra la destinazione d’uso di un fondo e il suo utilizzo. Conformità che adesso non è rispettata. In centro storico – per andare al sodo – la stragrande maggioranza dei fondi è commerciale e ospita, però, attività di tipo artigianali. La pizzeria al taglio, per fare un esempio. Ma anche il ristorante e il bar. Lo fa comunque nel pieno rispetto delle regole perché nel 2009 la precedente amministrazione, con una delibera, ha autorizzato la deroga e concesso all’artigiano di “insediarsi” nel fondo commerciale, che avrebbe invece dovuto ospitare un negozio. Ecco, quindi, un fiorire di bar, ristoranti e locali. A quel fiorire il piano delle funzioni dà un bel taglio: se il fondo è commerciale, puoi aprire un negozio. Punto. Per locali, bar o pizzerie devi metterti alla ricerca di uno spazio destinato alle attività artigiane. E in centro storico di quegli spazi ce ne sono pochi.

La delibera del 2009 viene cancellata e l’ipotesi “deroga” non è più ammessa. Insomma, se le licenze sono liberalizzate, il Comune usa l’unico strumento a sua disposizione per disciplinare un settore complicatissimo come il commercio e lo fa imponendo il rispetto delle destinazioni d’uso. «Il piano – è l’analisi del sindaco Volpi – è uno strumento importante per non snaturare la vocazione originaria del centro storico. Non vedremo più sorgere un ristorante – esemplifica – dove fino a pochi giorni prima si vendevano abiti, la funzione commerciale sarà salvaguardata, evitando – sottolinea il primo cittadino – la monocultura». Vale a dire: non solo cibo, non solo intrattenimento, ma un’ offerta più varia che garantisca vivibilità alla città e al suo centro storico nella varie fasce orarie. Offerta diversa, clienti diversi e più settori in grado di reggere sulle spalle il peso della crisi.

 

il tirreno