Si è avvalso della facoltà di non rispondere Roberto Vignozzi, l’ex postino di 72 anni che ha confessato di aver sparato e ucciso il maresciallo Antonio Taibi per vendetta. Il gip Ermanno De Mattia non ha convalidato il fermo (perché non ha ravvisato il pericolo di fuga), ma ha confermato la detenzione in carcere, come richiesto dal sostituto procuratore Alberto Dello Iacono, e quindi il killer di via Monterosso rimarrà nell’infermeria della casa circondariale di via Pellegrini. Per ora non gli è stata assegnata una cella. Due i motivi: il primo l’esigenza di tenerlo isolato dagli altri detenuti; il secondo per le sue condizioni di salute (un paio di patologie preoccupano). Vignozzi è stato assistito dall’avvocato Roberta Caldani, ma da domani cambierà legale nominando di fiducia Enrico De Martino. In ogni caso al momento non verranno fatte richieste al riesame e quindi il nuovo difensore, che si è consultato con la collega che ha seguito il postino in queste prime fasi, potrà studiare le carte per capire quali passi fare.

Intanto l’inchiesta prosegue: procura e nucleo investigativo hanno lavorato anche in questi giorni di lutto. Anche perché sono spuntati nuovi testimoni, sentiti dai colleghi di Taibi tra venerdì e ieri. Si tratta di persone che hanno incrociato Vignozzi in quella mattinata di lucida follia. Prima e dopo il delitto. Uniti alle immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza i racconti di chi ha visto l’ex postino serviranno per disegnare il percorso fatto dal killer. E confrontarlo con la sua confessione. Che come è stato detto non convince del tutto per la freddezza mostrata da un uomo che aveva la fedina penale pulita. Il sospetto degli inquirenti è che sia stato aiutato da qualcuno, quantomeno a organizzare l’agguato. Proprio per questo oltre ai filmati ripresi dalle telecamere di videosorveglianza si sta facendo un lavoro sulle utenze telefoniche di Vignozzi, andando indietro nel tempo. Anche se gli attimi precedenti e successivi all’omicidio saranno passati ai raggi x.

I figli e la moglie restano persone informate sui fatti. Ed erano in casa quando il capofamiglia premeva il grilletto contro il maresciallo. Riccardo perché ai domiciliari, Alessandro e la signora invece di propria volontà (del resto era mattina presto). La prossima settimana però si farà luce su quella frase postata dal piccolo di casa su Facebook. «Ora ci facciamo due rise….vediamo chi e il zoppo che li piace zoppicare con l infame……..». Testuale. La data di pubblicazione è il 26 gennaio alle 19.37. Poche ore dopo la condanna per possesso di droga pronunciata in tribunale a Massa dal giudice Alessandro Trinci. E soprattutto dodici ore prima che il padre Roberto premesse il grilletto contro Taibi. La sensazione è che il post sia strettamente collegato all’omicidio, ma è una sensazione e basta. Ma gli inquirenti sentiranno ancora Alessandro proprio per chiarire uno dei punti che resta ancora nel limbo. Vignozzi non si è contraddetto praticamente mai, il suo racconto fila liscio come l’olio. Troppo forse. Ed è per questo che i carabinieri non gli credono fino in fondo, perché hanno la sensazione che stia coprendo qualcuno oppure che non racconti esattamente come sono andati i fatti per ottenere dei vantaggi.

 

il tirreno