Un euro e 30 centesimi (1,290 per la precisione) per un metro quadrato di spiaggia; 3,6 euro per l’arenile occupato dalle cabine. All’anno. È il canone pagato dai titolari degli stabilimenti balneari per occupare e sfruttare il litorale. Si tratta di tariffe fissate dallo Stato, uguali su tutte le coste italiane, tariffe “scandalosamente” basse, lo ammettono anche gli stessi balneari. In tutto, i 129 concessionari demaniali di Massa, pagano 780mila euro l’anno. Per una media di 4mila euro ciascuno. Una miseria.

Le cose però stanno per cambiare. E il Comune, che oggi da quei canoni non incassa quasi nulla, potrebbe, un domani non lontano, riuscire ad alzare in modo sensibile le tariffe di concessione e, soprattutto, a incamerare se non tutti, almeno una buona parte dei canoni (che oggi finiscono quasi interamente allo Stato). Con introiti stimati – a palazzo civico lo sussurrano, ma non lo dicono apertamente – di un milione-un milione e mezzo di euro l’anno. Una speranza, per ora, ma su cui i nostri amministratori puntano con una certa fiducia.

Una speranza legata all’operazione di “sdemanializzazione” del litorale, avviata dal governo Renzi con la legge 125/15, che affida alle Regioni il compito di effettuare una revisione organica del demanio marittimo allo scopo di scorporare dal demanio stesso quelle parti della costa italiana ritenute non strategiche. Il governo ha dunque affidato alle Regioni il compito di ridisegnare le linee demaniali e la Regione Toscana a sua volta ha girato ai Comuni costieri questo compito. Una volta raccolte le proposte dei Comuni, invierà al ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e a quello dell’Ambiente, e all’Agenzia del demanio un piano complessivo di sdemanializzazione della costa toscana. I Comuni devono individuare le aree che oggi fanno parte del Demanio «in cui siano localizzati immobili e strutture collegati alle attività turistico-ricreative che potranno essere oggetto di specifico approfondimento al fine di proporre la sottrazione rispetto alla perimetrazione del demanio marittimo. Tali aree dovranno presentare specifici caratteri identitari, storici, paesaggistici anche rispetto alla presenza di sistemi di micro, piccole e medie imprese». Ed è quello che anche il Comune di Massa ha fatto. Spostando la linea demaniale dal viale Lungomare fin quasi alla battigia, lasciando allo Stato soltanto la spiaggia vera e propria. Mentre gli stabilimenti balneari (cabine, bar, servizi ecc.) sono stati posti aldilà di questa linea immaginaria, così come le altre strutture come alcune discoteche, chioschi e bar del Lungomare che oggi insistono sul demanio marittimo.

Ma questa è solo la prima parte dell’operazione, quella già fatta. Ora, la Regione dovrà esaminare, valutare e armonizzare le proposte di tutti i Comuni, poi passerà tutto al ministero delle Infrastutture e al governo cui spetta il compito di modificare il Demanio marittimo. Se tutto andrà secondo i desiderata degli amministratori locali, il Comune potrebbe avere, alla fine della partita, la potestà di fissare i canoni di concessione per i bagni e le altre attività e anche di incassare le tariffe che oggi vanno a Stato e Regione.

«Ci auguriamo che le cose vadano in questa direzione – dice l’assessore alle Attività produttive Gabriele Carioli – e che i Comuni possano avere un corrispettivo per lo sfruttamento commerciale del litorale pubblico». La stima di 1,5 milioni di introiti annui non è irreale e a beneficiarne sarebbe la collettività.

 

il tirreno