supermercatoI taccheggiatori che nascondono la refurtiva sotto ai vestiti se scoperti dal personale del negozio e beccati all’uscita non rischiano una condanna per furto. ma solo per tentato furto, con una pena più mite, diminuita da un terzo a due terzi anche se il  reato è punito con il carcere da sei mesi a tre anni.A stabilirlo sono le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 52117, che  ha riconosciuto una linea morbida che si impone, visto che la vigilanza e il possesso della merce da parte del soggetto danneggiato non sono mai venuti meno.Il fatto riguarda una coppia di Bergamo che ha cercato di trafugare da un supermercato tre flaconi di profumo, del caffè e dei biscotti. I due avevano rimosso la placchetta antitaccheggio e nascosto la merce sotto ai vestiti; arrivati alle casse avevano pagato solo un prodotto e si erano avviati all’uscita, dove però erano stati fermati da un addetto alla sicurezza che li seguiva a vista, essendosi accorto da prima del loro comportamento.La Corte, ha stabilito che “il monitoraggio” dell’azione furtiva, che sia operata dai dipendenti o da telecamere, e il conseguente intervento a tutela della proprietà della merce “impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo” del soggetto danneggiato.Non è sufficiente di conseguenza lo spostamento della cosa “dal luogo in cui si trova”, in quanto “la vendita self service abilita l’avventore al prelievo”, né vale l’obiezione che solo la sorveglianza dell’addetto abbia impedito di trafugare la refurtiva, poiché “non è in discussione la sussistenza della attività delittuosa” ma “la relativa definizione giuridica”. Tra l’altro il delitto “tentato” si caratterizza proprio “per la mancata verificazione dell’evento dovuta a cause indipendenti dalla volontà dell’agente”.