Non ha versato le ritenute sulle buste paga dei dipendenti, all’erario. Un mancato versamento pari a 161mila euro. Ma, in un momento di crisi ha preferito, con la liquidità rimasta, pagare gli stipendi ai suoi trenta dipendenti. L’imprenditore 52enne originario di Fivizzano, ma residente da tempo a Carrara, è finito sotto processo per omesso versamento ai fini fiscali, e il giudice Giovanni Sgambati lo ha assolto, “perché il fatto non costituisce reato”.
Una storia che arriva dalla crisi. Da quella che in gergo chiamano un’azienda del terziario, una delle tante, di quelle legate al settore della nautica, dove fino a qualche anno fa erano riposte le speranze di rilancio dell’economia apuana. In concreto si parla di trenta posti di lavoro e una piccola ditta, la Tecnologie Impianti srl che otto anni fa entra in crisi, proprio come il comparto degli yacht e della navalmeccanica (come i Nuovi Cantieri Apuania) con cui lavorava da sempre, e fino ad allora con profitto.
A peggiorare le cose, sette anni fa, un grosso insoluto, da parte di una delle aziende che lavorava per Fincantieri a Rivatrigoso e che finisce per provocare la messa in liquidazione e poi il fallimento della ditta. A questo punto l’imprenditore titolare della ditta in questione, Mauro Pellistri, prova a vendere il capannone di proprietà: un immobile il cui valore viene stimato (e periziato) di 3 milioni e 700mila euro.
Per l’edificio si fanno avanti alcune grosse aziende del territorio, fra cui il gruppo Bogazzi, ma le offerte non superano il milione e 600mila euro. Meno della metà di quanto preventivato di mettere in cassa dal titolare della “Tecnologie Impianti Srl”. A quel punto la vendita non si concretizza. E per la ditta non rimane altro da fare che la messa in liquidazione. Il passo successivo è poi il fallimento.
In questo scenario l’imprenditore decide di non versare le ritenute sulle buste paga per 161.338mila euro. E di usare la poca liquidità per pagare gli stipendi agli operai, per i quali – così ha ricordato l’avvocato difensore, Luca Lattanzi, nell’arringa conclusiva del processo – «ha sempre cercato di difendere il loro posto di lavoro».
Mauro Pellistri, a seguito di una verifica dell’Agenzia delle Entrate, è finito a processo. L’accusa di cui si trova a rispondere è legata all’articolo 10 bis (d.lvo 74/2000): per omesso versamento di ritenute certificate, nel caso specifico “nella presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti”. Un reato per cui il pubblico ministero ha chiesto la condanna a due anni di reclusione a carico dell’imprenditore.
L’avvocato della difesa ha parlato di una scelta “precisa e orientata” che ha fatto decidere di onorare gli stipendi piuttosto che le ritenute previste dall’erario. Il giudice Giovanni Sgambati, dopo una brevissima camera di consiglio, ha assolto l’imprenditore Mauro Pellistri: “Perché il fatto non costituisce reato”. L’imprenditore era presente in aula alla lettura della sentenza. Ma ha preferito non rilasciare commenti. Per lui ha parlato l’avvocato che ha motivato le ragioni che hanno portato il suo assistito fino al processo penale.
il tirreno