Positivo che da circa 1 mese appaiono ininterrottamente interventi sulla stampa circa il Distretto lapideo, lo sostengono Cgil e Fillea che aggiungono però quanto risulti essenziale chiarire l’agenda dei lavori, evitando malintesi ed ambiguità. Il 29 marzo, sarà discussa e votata la proposta sul nuovo Piano strategico e si entrerà nuovamente nel merito di tutti i temi irrisolti e cruciali per una svolta sulle politiche del marmo. Se gli Stati Generali, saranno l’occasione di presentazione e diffusione del lavoro del Comitato di Distretto, il sindacato sottolinea quanto questi non dovranno al contrario essere il luogo di approvazione del Piano strategico, poiché compito del Comitato e, se così non fosse, il Distretto stesso verrebbe svuotato del suo significato. Chi ne designerà i membri quindi, dovrà assicurarsi che questi partecipino ai lavori ed assumano decisioni. Urgente inoltre sarebbe fare scelte coerenti: primariamente decidere per un marchio che dovrà essere unico, di filiera e sul lavorato. Altre scelte, fatte all’esterno del Distretto, che puntino ad una pluralità di marchi, privilegiando il marchio sull’estrazione, sarebbero invece in contrasto con la filiera, connotando il comparto come un distretto minerario. Altrettanta chiarezza occorrerebbe circa le concessioni degli agri marmiferi, lo smaltimento dei materiali, la costruzione della cosiddetta filiera lunga. “Bisogna essere espliciti”, afferma il comunicato, “o si passa a politiche concrete che consentano una lavorazione adeguata di materiali in loco, o si ha in mente altro”. Riguardo alle competenze normative poi, CGIL e Fillea, pur sostenendo d’essere consapevoli del ruolo del Distretto, che non annovera fra le sue facoltà strumenti coercitivi, sottolineano anche quanto la volontà di tutti i partecipanti ed i requisiti posseduti, possano essere sufficienti ad una svolta nelle politiche del marmo. “Se si approva un Piano strategico, in cui sia centrale il modello della filiera”, affermano, “i Comuni dovranno tenerne conto nella concessione e gestione degli agri marmiferi, le imprese nelle politiche industriali, poiché sarebbe quanto meno singolare approvare un piano strategico nel Distetto e contraddirlo nei comportamenti ordinari”. Chiarezza infine sul localismo: il vero nodo risiederebbe nell’avere la capacità di fare sistema fra i territori. Il Distretto si configurerebbe allora come luogo privilegiato per arrestare la svendita dei blocchi come modello produttivo inevitabile, adottandone uno nuovo ed alternativo. “A tutto questo servono il piano strategico ed il Distretto”, conclude il comunicato, “se così non fosse, possiamo anche farne a meno, assumendo ognuno le proprie responsabilità nel fallimento di questa esperienza”.