La bagarre suscitata dall’approvazione del decreto Ronchi, che prevede l’ingresso dei privati nella gestione dell’acqua, non può che suscitare a Carrara una certa ilarità. Chi come noi ha provato l’acqua “pubblica” (ricordo che GAIA è una società pubblica al 100%) non dovrebbe certo avere paura di cambiare. D’accordo che al peggio non c’è mai fine, ma a Carrara abbiamo vissuto una delle pagine più buie dell’intera vicenda legata al riordino del servizio idrico integrato previsto dalla legge Galli.
Con Gaia abbiamo dovuto subire un aumento iperbolico delle bollette legato ad una gestione clientelare e scriteriata, confusionaria ed arrogante, voluta e imposta dai partiti che hanno riempito la società di personale inutile e di amministratori e dirigenti pagati come dei sovrani.
Con Gaia, società pubblica al 100 %, abbiamo avuto la prova provata che tale assetto non garantisce un bel niente se non la possibilità da parte di questi ultimi di sbagliare a spese dei cittadini senza mai pagare di persona.
Con considerazioni demagogiche, superficiali e fanciullesche, buone solo per gli allocchi, una sinistra in piena confusione mentale propone oggi un referendum per abrogare la riforma appena approvata dalle camere.
E allora diciamolo chiaro. Oggi l’acqua non è più pubblica, nel senso che la sua gestione è stata sottratta al controllo dei cittadini, proprio perché è pubblica, nel senso che con la formazione degli ATO la legge Galli l’ha consegnata completamente nelle mani dei partiti. E questi ultimi gestiscono il servizio tramite società come GAIA in cui viene assunto personale in sovrannumero per soddidfare gli inesauribili appetiti della sinistra. Se davvero vogliamo fare una vera battaglia per l’acqua al fine di garantirne a tutti i cittadini l’utilizzo ad un “prezzo politico”, facciamo semmai un referendum per abolire la legge Galli , che ha consegnato il servizio idrico ai partiti, e per ritornare alla gestione comunale. Così a Carrara finiremo di pagare un conto salatissimo i nuovi acquedotti della Garfagnana, il rifacimento di quelli lunigianesi e le bollette dei massesi, i quali avendo un gestore privato che gli consente di pagare la metà accollano i costi restanti ai poveri bischeri che abitano al di qua della Foce. Il ritorno alla gestione comunale infatti garantirebbe certamente un controllo adeguato ed una gestione più corretta ed efficiente con costi conseguentemente abbordabili. Altrimenti è doveroso prender atto che nalla situazione attuale l’accesso dei privati nella gestione di un bene che rimarrà comunque pubblico è senza dubbio una strada da seguire. Una cosa è certa. Così com’è l’organizzazione del servizio non funziona assolutamente, poiché tutti i vantaggi vanno ai partiti e tutti i costi inutili li pagano i cittadini.
Lanmarco Laquidara